La Città di Pescara

Pescara è nata giovane.

 

Pescara è nata giovane non perché è diventata città nel 1927, e neppure perché è risuscitata dalle macerie della seconda guerra mondiale con il più alto indice edilizio d’Italia. E neppure perché la sua architettura urbanistica è di pieno Novecento, con stili marcati o con estemporaneo estro del momento che si manifesta nella sovrapposizione.

Pescara è nata giovane  perché sente su di sé la vocazione alla modernità.

Forse per questo, o anche per questo, per molto tempo non si è curata di avere una storia antica, perduta nei meandri dei secoli, dai primi insediamenti umani alla Ostia Aterni romana. Tanto importante da avere una via consolare tutta per sé, che abbatteva l’ostacolo degli Appennini e portava al Mare Adriatico.

 

Ostia Aterni
di Restituto Ciglia (Link)

 

Oggi di quell’epoca lontana resta quasi nulla, e quel poco è custodito dal tempo che spesso, con la complicità dell’uomo, ne ha fatto scempio disperdendolo.

La stagione del Medio Evo si è snodata ai margini della grande storia, che il borgo di pescatori vide passare con la stagione dei capitani di ventura. Muzio Attendolo Sforza, capostipite della dinastia che fece grande Milano, trovò la morte nelle acque limacciose del Pescara nel 1424 per salvare un  suo soldato. Lo ricorda un’iscrizione lì dove il suo corpo scomparve senza essere mai più ritrovato.

L’epoca moderna si aprì con i primi lavori di costruzione della piazzaforte voluta dall’imperatore Carlo V a guardia dei possedimenti in Adriatico. Pescara non gli era ignota come nome, anche se ovviamente non c’era mai stato, perché proprio il marchese di Pescara Francesco Ferdinando d’Avalos era stato l’artefice della vittoria degli imperiali a Pavia nel 1525 con la sconfitta e la cattura del re di Francia Francesco I. Lo stesso Ferrante d’Avalos, detto “il Pescara”, non conosceva i luoghi del suo marchesato, ma grazie a lui il toponimo entrava per la prima volta in forma moderna nella storia e sui libri.

Francesco Ferrante D'Avalos
Francesco Ferrante D'Avalos

 

La piazzaforte a forma di stella a sette punte, secondo quanto tramandato (ma le versioni sull’accaduto sono diverse) resistette nel 1566 all’assedio portato da una poderosa flotta turca di 105 galee agli ordini dell’ammiraglio Pialy Pascià.

Da quel momento, di gloria ne visse un altro, effimero ma significativo, quando vi era stata ammainata l’ultima bandiera dell’esperienza della Repubblica Partenopea del 1799. Le idee della rivoluzione francese si spegnevano tra quelle possenti mura che le aveva viste impersonate da Ettore Carafa e simboleggiate dall’albero della libertà, mentre la vita del generale pescarese Gabriele Manthoné si spegneva sul patibolo a Napoli. Per i moti risorgimentali i Borboni destineranno il Bagno che da essi prende il nome negli edifici della sponda sud: una pena nella pena, per umidità, malattie, condizioni indicibili. Sarà sempre la piazzaforte a scandire un’altra tappa epocale, perché il sito visitato da Vittorio Emanuele II di passaggio per l’incontro con  Giuseppe Garibaldi dovette essere sacrificato sull’altare dello sviluppo di una grande città, esattamente come il primo re d’Italia aveva vaticinato (o, per lo meno, gli si attribuisce).

Piazzaforte
Fortezza di Pescara

 

Per crescere doveva liberarsi di quella corazza muraria che era fuori dal tempo e non aveva ancora conquistato il ruolo di monumento da tutelare. Lo smantellamento liberò le energie e le potenzialità del borgo diviso in due dal fiume e sciolto nelle province di Teramo a nord e di Chieti a sud.

L’unità politica doveva diventare unità territoriale e una forte accelerazione arrivava dalla ferrovia. Pescara era strategicamente sull’asse nord-sud ed era il terminale naturale di Roma del traffico verso oriente. Alla marcata componente sociale autoctona della marineria si univa adesso una fascia d’importazione che derivava da tutte le categorie legate al trasporto su strada ferrata. Sorsero case e villette, con incentivi ad accettare il trasferimento in questa località, e Pescara/Castellamare Adriatico cominciò a lievitare e a crescere. Si insediò e si sparse una vivace borghesia commerciale in concorrenza con la piccola nobiltà locale, che prima di tutti contribuì a creare l’immagine di città dai due paesi frontali separati dal fiume.

Alla saldatura ci pensò Gabriele d’Annunzio, che la volle e la chiese a Mussolini il quale non poteva rifiutargli di elevare Pescara a provincia. Il fascismo ci mise una forte impronta architettonica, con gli splendidi esempi di edilizia pubblica (Comune, Palazzo del Governo, Poste, Liceo classico) in stile razionalista che si affiancavano agli affascinanti villini liberty che erano valsi a Pescara l’etichetta di “città giardino”. Il conto da pagare arrivò con la seconda guerra mondiale e i devastanti bombardamenti alleati del 31 agosto e del 14 settembre 1943, che costarono migliaia di vittime civili e portarono allo sfollamento. Pescara era una città fantasma, distrutta quasi all’80%. Col ritorno della pace tutto era da ricostruire: dalle case al tessuto sociale, dalle strade e dalle infrastrutture alle speranze per il futuro. Pescara, in questo, non ebbe rivali. Fu la città delle gru, delle grandi opere, dei lavori, della crescita della popolazione e della crescita economica fino a un vero e proprio boom.

 

Casa natale Gabriele
Casa natale Gabriele D'Annunzio

 

Pescara città dei negozi, dei cinema, dei grandi eventi culturali, delle grandi iniziative e delle grandi sfide. Era nella sua natura, perché tra le primissime in Italia a proporre l’invenzione dell’aereo nel 1910, tra le primissime a dare voce al ruggito dei motori nel 1924 con la Coppa Acerbo (che resta negli annali come il più lungo percorso nella storia della F1). Ma anche la prima al mondo ad assistere al volo dell’elicottero, nel 1926, progettato dal geniale inventore abruzzese Corradino D’Ascanio (futuro papà della Vespa) e da lui costruito nelle Fonderie Camplone. E poi, la prima in Italia a presentare nel 1969 un Festival internazionale del jazz  e a celebrare con un premio internazionale uno dei suoi figli migliori, Ennio Flaiano, che fece grande il cinema italiano e quello di Fellini. Pescara, peraltro prima città d’Abruzzo, pesa per importanza molto più dei suoi 120.000 abitanti, della sua università e del suo conservatorio, della sua vita di giorno e di notte, della sua effervescenza che si spande tra mare e collina, dalla sua voglia di rinnovarsi e di cambiare continuamente, creando le mode invece di seguirle.

Perché Pescara ha lo sguardo sempre proteso verso il futuro.

 

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